Questione di meccanica. Trasformare il tutto in un semplice gioco. In parole molto semplici, è a ciò che ci riferiamo quando parliamo di gamification. Questo diventa quasi un modo per far diventare e trasformare la routine quotidiana in una sorta di azione da cui trarre piacere e divertimento, ossia il giocare. Si cerca, come è ovvio e normale che sia, di coinvolgere più persone possibili. L’obiettivo principale è quello di risolvere problemi, andando anche a modificare alcune abitudini, comportamenti e consuetudini.
È abbastanza facile intuire che il termine in oggetto deriva dalla parola game. Quindi gioco e divertimento, senza altri particolari scopi e fini. Quando si parla di gamification, entra in scena la tecnologia e l’interattività, con tutti gli strumenti che esse mettono a nostra disposizione. Insomma, si prendono regole tipiche dei giochi e si cerca di applicarle a situazioni totalmente differenti e che non hanno alcun aspetto ludico. Diventa lecito chiedersi in quali settori ciò può essere attuato. Proviamo dunque a dare alcune risposte.
Sicuramente tale approccio può essere utilizzato in un sito, all’interno di una vasta comunità o di una campagna contenente e veicolante determinati tipi di messaggi. Tutto ciò potrebbe aumentare la partecipazione, l’interesse e il coinvolgimento degli utenti. Quest’ultimi quindi diventano un pubblico totalmente attivo e non più meramente passivo e percepiscono come una spinta a investire il loro tempo e loro energie. Si può tranquillamente parlare di vera e propria motivazione.
La gamification si serve anche di alcune ricompense digitali. Si può fare riferimento, per esempio, all’autonomia. Avere il controllo di noi stessi e riuscire a raggiungere degli obiettivi in maniera pienamente autonoma e senza l’aiuto di nessuno è un qualcosa che ci spinge a osare sempre di più.
Diventa quindi una forma di incoraggiamento e anche di autostima. Ma ci sono altri aspetti che non vanno affatto sottovaluti. Perché, si sa, per natura e indole, siamo competitivi. Nonostante un qualcosa ci costi lavoro e fatica, tentiamo e ritentiamo. Le cose semplici non ci intrigano e affascinano più di tanto.
E poi, sia chiaro, il tutto diventa una questione di dipendenza. Perché? La risposta è davvero più semplice di quanto si creda. Più obiettivi vengono raggiunti e più vogliamo raggiungerne degli altri. Il tutto dipende, in una sorta di strano gioco di parole, da una sostanza chiamata dopamina.
È un modello di circuito cerebrale nemmeno troppo complicato e complesso, ma che diventa un vero e proprio principio base e cardine di tutta la gamification. Occorre una motivazione per fare un qualcosa e quando questo riesce siamo spinti a tentare di riuscire in altro, che magari ci porta a fare dei passi in avanti, anche piccoli, ma importanti. Occorre però sempre dare ai nostri obiettivi un valore. È sulla spinta e con il pensiero di quest’ultimo che cerchiamo di raggiungerli e portarli a compimento.
Appunto, come in un gioco. Come in un mondo in cui cerchiamo di superare livelli, di vincere sfide e di portare al termine missioni. Una vita da giocare. Una vita da “gamificare”. In fondo, non è poi così male.