Generazione di smartphone, WhatsApp e Facebook. Generazione connessa per rimanere sempre in compagnia, forse per paura della solitudine o per la voglia di condividere ogni esperienza. Una generazione che vive in pieno la tecnologia, ma scopre nuove paure. La più “tecnologica” delle fobie si chiama nomofobia, ed è il terrore che si prova quando non si ha la possibilità di utilizzare il proprio cellulare. Il nome esteso sarebbe no-mobile-phone-fobia, letteralmente “paura del non-cellulare”, dell’assenza del proprio dispositivo portatile.
Ammettiamolo pure, a tutti può essere capitato di trovarsi fuori casa e accorgersi tardi di aver poca batteria nel proprio cellulare. Magari proprio mentre si aspettava quella telefonata importante, dopo aver inviato un messaggio di cui si attende con impazienza la risposta.
La nomofobia però è qualcosa di più, è proprio il terrore di rimanere isolati. Un problema che non sarebbe esistito soltanto un secolo fa, quando tecnologia del genere non arrivava nemmeno a riempire i libri di fantascienza. Se pensate che sia un disturbo per giovani o comunque poco comune, vi sbagliate. Uno studio condotto nel Regno Unito ha dimostrato che il 66% dei sudditi nutre di questa paura, su un campione di diverse fasce d’età.
Una spiegazione si potrebbe trovare nella percezione che si ha della vita moderna: frenetica e pericolosa, in cui bisogna essere sempre reperibili. Per lavoro o per sicurezza personale, perché se succede qualcosa “al massimo ho con me il cellulare”. Senza di esso si perde quel senso di tranquillità garantito dall’essere a un passo dal mondo in ogni istante. Alcuni studi di psicologia hanno evidenziato che la nomofobia può assumere due caratteri differenti nei soggetti.
Nella maggior parte dei casi, l’ansia da “no mobile” si verifica solo in prossimità del momento in cui non si potrà più avere a disposizione il proprio telefonino. Se non addirittura quando ci si accorge di essere usciti di casa senza il cellulare, o di avere già la batteria scarica. Il disturbo principale deriva però nel secondo caso, quando il rapporto con il proprio oggetto diventa di dipendenza o assuefazione. In questo caso il problema è l’errato utilizzo che si fa del proprio cellulare, diventato insostituibile per la serenità di una persona.
Quest’ultima fase è considerata come l’unica vera nomofobia dagli studiosi dell’università di Madrid che stanno lavorando sulla sua definizione. L’ostacolo maggiore nella sua identificazione è la possibilità di trovare un limite di demarcazione ben definito tra ciò l’uso “normale” di un dispositivo mobile e il suo abuso. Certo è che quando questo viene sentito come indispensabile perché usato per giochi di ogni genere, peggio se d’azzardo come slot machine o roulette, il problema si può facilmente collegare a un altro tipo di dipendenza: la ludopatia.
Come il gioco d’azzardo compulsivo, l’uso smodato di un cellulare può essere causato da uno stato di nervosismo incontrollato da parte dell’utente. Stati d’animo come depressione e ansia si riversano di frequente nell’abuso di tecnologie di ogni genere. Prima di domandarvi come fareste a stare senza il cellulare per un tot di tempo, chiedetevi a cosa davvero vi servirebbe il dispositivo in quel lasso di tempo.
L’abitudine di rimanere collegati crea un velo illusorio di protezione dalla realtà, isolandoci da essa. Spetta al possessore del cellulare stabilire il limite tra uso consapevole e nomofobia. Solo così si può evitare di avere paura della tecnologia