Si è detto più volte che la Regione Emilia Romagna è stato quel territorio che tempi indietro ha “accolto” il mondo del gioco d’azzardo ed i casino italiani con più attenzione e leggerezza perché portato a questo dalla “bella gioventù” che o per studio o per vacanze frequenta volentieri quelle terre.
Ma dopo qualche anno, anche l’Emilia Romagna si è “rivoltata” al gioco ed ora è passata quasi “dall’altra parte della barricata”, come la Lombardia ed il Veneto per citarne solo due che vorrebbero che il gioco fosse espulso o, quanto meno, stanno cercando di ottenere questo risultato con tutte le ordinanze e regolamenti restrittivi che mettono veramente a pura prova la “vita lavorativa” di tante imprese che di gioco vivono.
Quindi, dopo le esperienze di Milano e di Torino, ora toccherà a Bologna essere il fulcro attorno al quale si incontreranno settore del gioco e territorio per derimere le loro questioni, ma sopratutto per intessere rapporti tra la politica locale e le decine di migliaia di lavoratori emiliano-romagnoli, e quelle migliaia di imprese che dovranno “rassegnarsi” all’epurazione per la “delibera della Giunta Regionale”.
Qui sarebbe bene, però, aprire e chiudere una parentesi posto che la delibera regionale va ben al di là della Legge che dovrebbe mettere in atto e nella quale non si menziona la retroattività dell’efficacia dei divieti, né peraltro si stabilisce la “sufficienza di una de-localizzazione in sei mesi come manovra bastevole al perseguimento della continuità lavorativa degli addetti”.
Ovviamente, questo incontro tra territorio e settore ludico sarà preceduto da una serie di richieste ed interlocuzioni fondate sul fatto che né la legge, né la delibera risultano essere state emanate in presenza di audizioni di categoria e neppure in esse vengono citate istruttorie compiute per raggiungere qualsivoglia obbiettivo condiviso, in quanto evidentemente anche la “normalità più consueta” non viene riconosciuta al mondo del gioco lecito.
Ma prima di concludere queste righe si vuole riferire qualcosa rilasciato in una intervista dal Dott. Pavarin, massima autorità sanitaria per le dipendenze nell’area di Bologna, risalente però al mese di ottobre 2013 che si può sunteggiare così: Chi soffre di gioco d’azzardo patologico a Bologna ha un’età media di 48 anni, nel 18% dei casi di tratta di donne e nel 21% si cittadini stranieri.
Su di un campione di 300 residenti intervistati tra i 18 ed i 64 anni emerge che appena lo 0,1% risulta positivo al test sul gioco patologica, la stessa percentuale di chi soffre di dipendenza da internet. I giornali fanno recepire all’opinione pubblica che il fenomeno sia molto diffuso, ma questo che viene definito “panico morale” serve a far vendere i giornali. Un conto sono le persone che giocano e si rovinano, un conto è chi è davvero malato e soffre di disturbi psicologici. Negli ultimi anni è aumentata la quantità di danaro gettato via al gioco, ma la dipendenza è un’altra cosa.
Queste sono le “perle di saggezza” rilasciate nel 2013: possibile che ora sia tutto cambiato in Emilia Romagna? Possibile che la mentalità di chi governa la Regioni non sia più così aperta come qualche anno fa? Cosa è successo al gioco in questa Regione? In realtà, oggi, non si comprende più come norme valide qualche mese fa, ora debbano essere maggiormente ristrette? É tutta colpa della presenza di troppa offerta di gioco oppure c’è qualcosa di più oscuro?